IL TERRITORIO
Conoscere il territorio non è una funzione specifica del servizio d’ascolto ma una esigenza, una attenzione di tutta la comunità, un compito della Caritas parrocchiale a tutti i livelli a cui il gruppo dell’ascolto può offrire un significativo contributo. L’esperienza dell’ascolto consente di maturare capacità di osservazione,non solo nei confronti delle persone accolte, ma anche del contesto sociale in cui le persone vivono e stabiliscono relazioni.
A conferma di questa visione la Chiesa fornisce , nei suoi documenti, una chiara testimoninza di cosa deve essere la Carità nel territorio di una Parrocchia: “…la parrocchia nel territorio si esprime anzitutto nel tessere rapporti diretti con tutti i suoi abitanti, cristiani e non cristiani, partecipi della vita della comunità o ai suoi margini…[…] Vuol dire sollecitudine verso i più deboli e gli ultimi, farsi carico degli emarginati, a servizio dei poveri, antichi e nuovi, premura per i minori in disagio…[…] L’apertura della carità, tuttavia, non si ferma ai poveri della parrocchia o a quelli che la incontrano solo di passaggio; si preoccupa anche di far crescere la coscienza dei fedeli in ordine ai problemi della povertà, dello sviluppo della giustizia e nel rispetto della creazione e della pace tra i popoli. (Il volto missionario della parrocchia, 10)
Per gli scopi compresi nella nostra riflessione sono ben chiari e definiti gli ambiti pastorali , le finalità e i compiti ove è indispensabile esserci ed esprimerci, e cioè:
- Ascoltare le persone in difficoltà
- Osservare la realtà del territorio nel suo complesso
- Intervenire su ciò che è necessario fare (strategie – strumenti)
Quando si parla di territorio si include un concetto che ha una pluralità di riferimenti che lo compongono e tra questi : i confini, la popolazione, il sistema amministrativo e relazionale, le risorse, i valori,l’organizzzazione sociale, ecc.
Ai fini specifici di cui ci occupiamo è conveniente limitarci a individuare lo spazio geografico della Parrocchia per definire un riferimento di dove si svolge la vita dei parrocchiani.
Va subito precisato il territorio parrocchiale, il territorio diocesano a cui appartiene l’Unità Pastorale o insieme delle Parrocchie
LA POVERTÀ NELLA PARROCCHIA – QUALI POVERI ?
Con il termine povertà in genere si intendono quelle situazioni con una marcata carenza di risorse economiche necessarie per soddisfare i bisogni primari dell’esistenza. In realtà quando si parla di povertà, sia in ambito ecclesiale sia nei mezzi di comunicazione, il riferimento è a varie situazioni di disagio sociale non sempre riconducibili alla sola carenza di risorse economiche.
Questo approccio interpretativo rischia di porre sullo stesso piano problemi molto diversi e distogliere l’attenzione su condizioni ben più gravi della reale indigenza economica. Ciò non toglie che accanto alla tradizionale povertà economica esistano nelle persone e nella famiglia altri problemi di fragilità sociale (dipendenze da sostanze, devianze di rapporti familiari, ex internati in strutture psichiatriche, ecc.)
In parrocchia è importante che queste situazioni siano conosciute e il servizio d’ascolto è un valido strumento di osservazione e conoscenza delle varie tipologie di povertà. Questa azione di vigilanza e sensibilizzazione permette di individuare/progettare azioni di risposta sia della comunità sia dei Servizi Pubblici. A questo fine occorre impegnarsi (Serv. Ascolto, Caritas, Cons. Pastorale Parrocchiale, Comunità) per individuare le povertà più gravi e più diffuse presenti nel territorio parrocchiale. In secondo luogo identificare i soggetti portatori delle fragilità per studiare insieme i progetti rdi recupero.
Ecco alcune indicazioni sulle tipologie di povertà presenti in un territorio parrocchiale, si possono riassumere come segue : >Richiedono pacco alimentare ogni settimana
> Usufruiscono dei cibi pre-cucinati+pane e frutta recuperati da mense e scuole
>Hanno problemi vari di natura economica (Isee=0) come utenze, affitto, riscald.
>Persone che hanno perso il lavoro (spesso Capi Famiglia con figli minori)
>Persone con problemi di convivenza coniugale e/o familiare
>Persone con problemi di disabilità fisica o mentale (Seguiti da SERT)
>Persone con dipendenza da sostanze (tossici, ex alcolisti,ecc.)
>Persone anziane sole che cercano compagnia per combattere la solitudine
>Persone anziane che cercano un servizio di accompagnamento (ASL – Visite)
>Famiglie di immigrati con figli minori (con disabilità o no) per scuola e sanità
>Ex carcerati o con famigliari in carcere
>Persone senza tetto o senza fissa dimora.
In risposta ai bisogni presenti nel territorio parrocchiale e ricordati più sopra occorre identificare quelli ritenuti più gravi, più scoperti e decidere quali interventi sono i più pertinenti e sostenibili dalla comunità al fine di aiutare le persone e ottenere qualche cambiamento ricordando che:
> Non bisogna creare sostituzioni al doveroso servizio pubblico
> Abbia un valore di “SEGNO” per i poveri e di condivisione per i cristiani
> Non sia espressione di delega ma espressione della comunità
In alcuni casi il disagio sociale può manifestarsi come le condizioni di povertà non siano un fatto transitorio ma bensì da intendere come tendenza strutturale e in continua evoluzione.
Il fatto che in un quartiere (territorio parrocchiale) un numero sempre crescente di persone si sentano escluse ed emarginate genera una condizione negativa di convivenza e di socialità. Occorre trovare un’altra strada per aiutare le persone.
La persona povera di norma non riesce a valorizzare le proprie potenzialità e quindi dare un contributo al bene comune. I sostegni a favore dei poveri si trasformano in costi per la collettività; se si eliminassero le condizioni che impediscono al povero di esprimersi in modo produttivo si avrebbero due vantaggi: da un lato si ridurrebbero i sussidi e dall’altro sarebbe una promozione della dignità della persona.
Ecco quindi l’orientamento che ci arriva dalla Chiesa e dalla Caritas: aiutiamo comunque ogni persona che si rivolge per un sostegno ma investiamo,in preferenza, in chi ha disponibilità e capacità di condividere un progetto per superare la crisi e reinserirsi nel tessuto sociale.
Stando a queste premesse l’azione della comunità cristiana sarà volta a :
- Sensibilizzare le comunità tutte (Istituzioni pubbliche ed Ecclesiali) alla cura dei poveri non tanto centrata sul dovere della solidarietà (buon cuore, cura delle ferite) ma sul dovere di giustizia.
Una delle informazioni più importanti da recuperare, fin dal primo colloquio è quella relativa al luogo in cui la persona vive, che determina indirettamente anche la sua Parrocchia di appartenenza. È utile a questo punto cercare di determinare se effettivamente la persona si rivolge alla Caritas del suo territorio, nel tentativo di indirizzarlo al Servizio di Ascolto/Caritas che dovrebbe occuparsene. Questo criterio di territorialità diventa fondamentale per favorire la creazione di legami saldi fra la persona e la sua Parrocchia, legame che si realizza solo attraverso incontri continuativi. Un aiuto saltuario a persona di altro territorio non è costruttivo per passare ad azioni assistenziali/promozionali. A giudizio del volontario dell’ascolto, alla persona di altro territorio che viene per la prima volta e che richiede un aiuto, si può dare la borsa di alimentari e, se disponibile, qualche capo di indumenti.
Uno sguardo orientativo e personale circa i poveri che si rivolgono alla Caritas di S.ta Chiara:
- Un buon 90% viene con continuità per avere il pacco alimentare
- circa il 20% ritirano i cibi recuperati da mense e scuole
- Un buon numero di persone chiede aiuti economici per far fronte a spese dell’abitazione (affitto – riscaldamento-spese condom.) e per le utenze.
- Alcune persone si rivolgono in emergenza per evitare sfratti o distacco delle utenze. (alcuni sono già senza corrente elettrica)
Generalmente quando la Caritas interviene sborsando soldi, l’entità dell’importo totale viene suddiviso con interessato e Ass.Sociale ma non sempre è possibile.
Se invece ci riferiamo all’aspetto relazionale occorre precisare che :
- Il dialogo necessario con le persone conosciute dalla Caritas, è stato fino ad oggi in secondo ordine princalmente per il fatto che si è data piorità alle loro richieste (pacco alimentare, aiuto economico) soffermandoci solo di riflesso per gli aspetti della relazione d’aiuto (poche richieste).
ll tempo e quindi i volontari disponibili per l’ascolto non sono stati in grado di creare questa possibilità. Quasi nessuno ha partecipato a corsi per l’ascolto approfondito.
- Le persone che si rivolgono alla Caritas sono restie ad aprirsi ad un dialogo costruttivo che consenta di creare un progetto utile ad eliminare per il futuro la fragilità presente. (il concetto è : non fare tante parole se puoi/vuoi aiutarmi ti ringrazio altrimenti ti saluto.)
- Un’alta percentuale di persone in difficoltà non appare in grado di accogliere e rispettare gli impegni di un possibile progetto. Sono persone con carenze di tipo fisico, alcuni con limitazioni educative o mentali altri non sono in grado di gestirsi la vita.
Per accompagnare ognuna di queste persone occorrerebbe un volontario con specifiche qualità, adeguata preparazione e dedicato a tempo pieno, cosa al momento non ipotizzabile.
- La richiesta di dialoghi approfonditi, fino ad oggi, è stata coperta dal Centro P.G. Frassati con volontari di S.ta Chiara.
QUALI LE RISORSE DISPONIBILI (Umane – Econom. – Strutturali)
Tratteremo questo tema suddividendolo i più argomenti:
- Risorse umane
- Risorse economiche
- Risorse strutturali e strumentali
Risorse umane per il servizio d’ascolto
Ascoltare significa riconoscere che la persona che si rivolge a noi per un aiuto non è un “contenitore di problemi”, non è una pratica da evadere, ma è soggetto che oltre ad essere portatore di bisogni è una persona con una sua dignità. Le esperienze in questo campo ci dicono che, innanzitutto, l’ascolto presuppone una disposizione d’animo capace di accogliere la persona con la sua situazione di disagio, per lavorare con fiducia (o meglio con Fede) per alleviare le difficoltà che vengono presentate. L’accoglienza delle persone, la comprensione, l’individuazione dei problemi, l’obiettivo finale, sono momenti molto impegnativi che richiedono ai volontari una buona preparazione. Le raccomandazioni che la Caritas Italiana suggerisce sulla formazione dei volontari (e che già abbiamo presentato) hanno il solo scopo di sottolineare il carattere di complessità dell’essere in ascolto di persone che vivono un momento di disagio. Lo stesso documento Caritas evidenzia poi, che la formazione non deve ridursi ad una serie di lezioni frontali ma deve utilizzare tecniche di coinvolgimento nel servizio da svolgere, con verifiche progressive per rileggere le emozioni e i sentimenti provati da chi è nuovo, nel servizio effettuato. La formazione è un elemento essenziale perchè l’ascolto seguito dalla relazione d’aiuto sono attività logoranti che generano “stress emozionali” (unioni spezzate – lutti – abbandoni coniugali –malattie -ecc.) superabili solo con adeguata preparazione.
Diventa perciò indispensabile una esperienza di formazione continua con una proposta che spazi attraverso i vari contesti, cioè quelli umanitari, spirituali e socio-sanitari.
Per le persone della Caritas S.ta Chiara che desiderano impegnarsi in questo servizio sono stati organizzati degli incontri di orientamento teorico-pratico da condurre con la collaborazione del Centro d’Ascolto P.G. Frassati. Il percorso di formazione ha come ipotesi di sviluppo l’affiancamento con gli operatori del Centro che già svolgono i servizi di ascolto. L’obiettivo è quello di introdurre le persone interessate ad una conoscenza della dimensione dell’ascolto, favorire la pratica nelle varie fasi, dall’accoglienza alla presa in carico, con preparazione della documentazione necessaria (scheda d’ascolto individuale) fino alla necessità di lavorare in rete. Ciò implica la conoscenza, da acquisire gradualmente, dei fenomeni di povertà, delle risorse, delle politiche sociali valide sul territorio, e delle linee di responsabilità organizzative, pastorali e civili.
Risorse economiche
Un aspetto rilevante delle domande di aiuto riguarda gli interventi economici. Queste richieste hanno un carattere di continuità e sono in numero
considerevole (la crisi ha contribuito ad aumentare sia il numero sia l’entità degli importi da pagare) per cui si cerca di evitare un uso indiscriminato di questo tipo di aiuto. Pur considerando il sostegno economico la forma di aiuto “classica” ed efficace, si è passati a forme più ragionate e mirate di sostegno, per essere in accordo con il “budget” disponibile, ma anche per concentrarsi maggiormente sul lavoro di accompagnamento sociale, per cui gli aiuti sono stati diminuiti con percentuali a carico degli interessati e, quando possibile, dell’Assistenza Pubblica (CISAP).
Gli aiuti economici che pervengono alla Caritas S.ta Chiara sono così originati:
- da BUSSOLA Caritas disposta in chiesa (offerte dei fedeli)
- da eventi liturgici (domenica delle Palme – giorno dei defunti – altri)
- da offerte dei gruppi parrocchiali (3^ età – catechiste – cantoria – ecc.)
- da offerte dei privati
- da recupero di indumenti usati
- dal 2017 la Diocesi ha destinato l’8xmille all’U.P. 45 che poi distribuisce alle singole Caritas parrocchiali.
Vi sono poi altri cespiti da tenere in considerazione e di cui gli assistiti Caritas possono usufruire e cioè:
- Contributi per riscaldamento del Comune di Collegno
- Fondazione La STAMPA – Specchio dei tempi
- Ufficio Pio San Paolo (anziani – disabili – famiglie con minori 0-6)
- Centro Ascolto Frassati (Senza Fissa Dimora – Casi particolari)
- Salvadanaio solidale (CorrriCollegno)
Questi fondi sono nominativi ed erogati in accordo con le domande presentate dagli interessati.
È implicito che la disponibilità di cassa deve essere conosciuta e aggiornata dai volontari addetti al servizio di ascolto.
Risorse strutturali e strumenti operativi
Se la prima risposta da dare a chi chiede aiuto è l’accoglienza anche il luogo dove si svolge l’ascolto deve essere accogliente. Quindi il luogo deve essere appartato, senza il via vai delle persone e dei volontari “in altre faccende affaccendati” oppure in spazi troppo piccoli o in presenza di qualcun’altro che fa dustribuzione di alimentari o indumenti, oppure lavora al computer digitando e richiedendo stampe.
Bisogna tener conto della centralità dell’ascolto e tenere separati il luogo dove si trovano computer, telefoni, archivi cartacei. Disporre gli elementi d’arredo in modo da evitare lo stile di un ufficio; sarebbe opportuno un tavolo tondo in modo che ci si possa disporre senza barriere o schieramenti tra chi ascolta e chi è ascoltato.
Per una miglior sistemazione della stanza dedicata all’ascolto, occorrerà poi prevedere uno spazio per la sala di attesa e una stanza riservata alle dotazioni strumentali per le operazioni di supporto, cioè :
Mobile/i (per archiviazione documenti riservati) dotato/i di ante con chiusura di sicurezza – Computer – Stampanti – Foto e le accompagnacopiatrice – Telefono – Fax – Ecc.)
Questo “luogo fisico” (la stanza dell’ascolto) è un fatto concreto, e deve essere visibile, facilmente individuabile, conosciuto dalla comunità ma anche nel territorio. È un luogo dove si media, nella concretezza, con attenzione, condivisione e sollecitudine, i disagi delle persone in difficoltà. È un punto di riferimento per le persone che chiedono un aiuto e che sanno di trovare qualcuno che le accoglie, le ascolta, le orienta alla conoscenza delle risorse disponibili.
È un punto di osservazione, un “porto attivo di raccolta dati “ per far conoscere al territorrio le situazioni di emergenza.
Operare in rete
Per condividere con la persona la proposta di un progetto personalizzato è importante che il gruppo di ascolto Caritas non operi in modo isolato rispetto al territorio di riferimento. Questo perchè è necessario costruire, per alcuni casi,una “RETE DI RELAZIONI” con le altre realtà presenti sul territorio. In questo modo si ottiene anche un collegamento con la comunità cristiana
di riferimento e la società civile, dello specifico disagio sociale.
Collaborare con strutture terze per generare reti di solidarietà è una tendenza molto utilizzata, sia tra i vari servizi sia tra le persone, perchè efficace al fine di poter svolgere l’adeguato acccompagnamento. La rete, oltre a sostenere con maggiori energie le azioni di contrasto alle fragilità, previste per il percorso di aiuto, è il luogo, lo spazio, dove è possibile condividere proposte, idee anche originali, sul tipo di supporto da fornire alla persona in difficoltà da attivare nel modo più efficace e secondo la definizione dei ruoli. E’ nella rete che si trovano spesso le risposte al bisogno e non necessariamente in un unico nodo di essa. La rete, oltre al luogo di elaborazione di percorsi d’aiuto, può essere una fonte di notizie per evitare di fermarsi su impressioni derivate da un ascolto poco approfondito sull’aspetto relazionale.
In alcuni casi può essere utile costruire reti di sostegno con più enti disponibili all’aiuto, come ad esempio : Caritas Diocesana, altre Parrocchie, Servizi Sociali, Uffici Comunali, Enti benefici privati, Associazioni, ecc. In questi casi è consigliable non limitarsi ad uno sbrigativo “invio” della persona presso un altro ente ma privilegiare invece il coordinamento con contatti e scambi tra volontari diversi che si trovano ad assistere la stessa persona. Una telefonata, un incontro diventano momenti in cui realizzare un aiuto condiviso, un accompagnamento, ma anche un aggiornamento e confronto su un caso
dal quale possono nascere nuove sinergie.
Il progetto del servizio d’ascolto Caritas si basa sul principio fondamentale della SUSSIDDIARIETÀ secondo le linee prescritte dalla Caritas Italiana. Dato le differenti condizioni delle persone, le frequenti contraddizioni, le complessità derivate dall’esigenza di aggiornare l’evolversi delle realtà le Caritas sono sollecitate ad avvalersi di una rete di sostegno (locale – diocesana.- pubblica ) in grado di creare legami sia tra la persona e la propria comunità sia tra gli attori della rete richiesti di occuparsi del “caso” . Ad ogni attore viene richiesto di occuparsi del progetto umano di cui la persona disagiata è il “centro” al fine di far emergere i problemi del territorio e mettere in atto le risposte adeguate. Non si può certo negare che il lavoro di rete abbia notevole grado di complessità tale da richiedere un buon livello di competenze, capacità di dialogo e di mediazione, attitudine alla negoziazione e anche buona disponibilità di tempo. Non sempre questi requisiti fanno parte del bagaglio personale dei volontari.