Il “servizio di ascolto” è l’occasione , il momento in cui la comunità cristiana (Parrocchia) incontra, in appuntamento prestabilito, le persone che vivono uno stato di disagio. È una “porta aperta” al territorio per rispondere ai bisogni che si sono sviluppati, è una cosiddetta “opera segno”.
Occorre però avere ben chiara una distinzione delle risposte possibili alle interpellanze avanzate e cioè distinguere ASSISTENZA da PROMOZIONE.
Vivere e testimoniare la Carità come “assistenza” ricorrente,vale a dire che soddisfa il bisogno presente ma non richiama il senso autentico della Carità che è invece la “promozione” e la liberazione del povero dal disagio, significa fare ASSISTENZIALISMO.
Da questa realtà occorre partire per adeguare l’intervento caritas secondo le indicazioni dei documenti della Chiesa e della Caritas Italiana.
Siamo chiamati, e non solo da oggi, a superare quell’idea viziata di Carità, quella che crede che la carità sia fare delle “cose di carità” e non invece dare forma e uno stile di vita cristiana ad ogni coscienza individuale.
L’ambiguità nasce spesso dal carattere della prestazione, dal desiderio di esibire azioni efficienti ed efficaci e misurarne la sola quantità. Ma la dimensione più importante della vicinanza ai poveri è senza dubbio quella relazionale , la capacità di prossimità e attenzione umana, quella cioè che ogni cristiano e ogni uomo deve dare.
Sempre più viene avvertita, nelle Caritas, nei Centri d’Ascolto, nei gruppi di volontariato dedicati alla solidarietà, la necessità di più professionalità nello stare accanto ai poveri. Il Papa Benedetto XVI nel documento “Deus Caritas est” (31) sostiene che sempre più la risposta ai poveri esige persone preparate: “Le aggregazioni caritative della Carità, a cominciare da quelle della Caritas, devono fare il possibile affinchè siano disponibili i relativi mezzi e soprattutto gli uomini e le donne che assumano tali compiti. Per quanto riguarda il servizio che le persone svolgono per i sofferenti, occorre innanzitutto la competenza professionale ; i soccorritori devono essere formati in modo da saper fare la cosa giusta nel modo giusto, assumendo poi l’impegno del proseguimento della cura. La competenza professionale è una prima fodamentale necessità ma da sola non basta . Si tratta infatti di essere umani, e gli esseri umani necessitano sempre di qualcosa in più di una cura solo tecnicamente corretta. Hanno bisogno di umanità”.
Possiamo quindi affermare che la dimensione più importante della prossimità ai poveri è quella relazionale , la prossimità umana che ogni cristiano può e deve dare. D’altra parte però è da evitare la delega per gli aspetti più tecnici con la scusa più ricorrente : siccome non me ne intendo e non sono capace non mi interesso, facciano quelli che sanno.
Le opere caritative promosse a livello parrocchiale (o diocesano) esprimono sensibilità verso i fratelli sofferenti situazioni di disagio, è un dare che spesso scaturisce da situazioni di disuguaglianze e propone assistenza e cura per chi possiede meno.
L’OPERA SEGNO è un servizio caritativo proposto dalla comunità cristiana che sollecita a mettersi al servizio dei poveri testimoniando e vivendo quell’amore proposto dal Vangelo che è condivisione , fraternità, espressione del Regno di Dio. Quindi l’opera segno è capace di esprimere e testimoniare:
>un segno per i poveri di un Dio che è amore, perdono, accoglienza.
>un segno per i cristiani di come essere fedeli al Vangelo.
>un segno per il mondo di che cosa sta a cuore alla Chiesa.
Le OPERE SEGNO sono quindi servizi che danno una risposta delle comunità ecclesiali alle “attese dei poveri” del territorio e hanno un chiaro valore educativo,
pastorale, con l’esplicito intento di educare l’intera comunità perchè diventi accogliente, ospitale, fraterna, solidale, sulla base del volontariato gratuito.
Sentiamo in proposito , prendendole sul serio, quanto ci dicono i Vescovi in proposito:
“Abbiamo già precisato in varie occasioni che la Caritas Parrocchiale non è una “associazione” e neppure un “movimento” anche se talvolta dagli stessi volontari e dalle persone esterne è pensata secondo queste categorie.
La Caritas (tutte le Caritas e quelle parrocchiali in modo particolare) è parte integrante della funzione di Parrocchia. Identifica se stessa nella misura in cui contribuisce a rispondere meglio sotto il profilo della educazione alla testimonianza di servizio, attenta e operosa, per promuovere le realizzazioni più adeguate alla realtà di oggi. La parrocchia quindi deve vivere nella convinzione della sua funzione formativa, che non esclude le opere concrete e anche eventuali servizi, ma è il presupposto necessario perchè i servizi nascano e siano significativi, cristianamente significativi.”
Non è questo un facile obiettivo, la strada è aperta il cammino esitante, ma la “meta” è chiara e obbligata.
Si tratta quindi di promuovere inziative che portino la Caritas parrocchiale ad essere, con “OPERE SEGNO” stimolo per tutta la comunità.
Una di queste iniziative è appunto il “sevizio di ascolto” attivato dalla Caritas parrocchiale come un’OPERA SEGNO che prevede un processo continuo di crescita e di maturazione in linea con l’evoluzione dei tempi.
Cambiano i problemi e di conseguenza cambiano le risposte e i servizi e le nuove realtà chiedono continue verifiche di gestione. Di quì la convinzione che non sia possibile un serio aiuto al povero che non sia pensato nell’ottica di una progettualità, cioè di una serie di azioni decise nelle occasioni di ascolto e condivise con la persona in difficoltà (o con l’evidenza dei bisogni riscontrati) che puntino alla soluzione del problema per restituire dignità e autonomia e non si affidi a qualche improvvisato “buon gesto” del momento, rinviando all’infinito la situazione di marginalità.
La persona che accogliamo per l’ascolto è, quasi sempre, incontrata/conosciuta per caso e si presenta con il suo volto, la sua storia, le sue sofferenze. Essa ci presenta una nuova possibilità, una buona occasione di incontro e di umanità.
È utile considerare che il servizio d’ascolto propone diversi ambiti di intervento e di relazioni, di nuove conoscenze, e quindi di crescita, per cui un’opera diventa segno. È bene vederne alcuni di questi ambiti per spiegare meglio quando un’opera diventa segno:
- quando diventa occasione, luogo d’ascolto e di accoglienza.
- quando propone un intervento promozionale (non solo assistenziale).
- quando è un luogo dove si respira una “forza” che unisce le persone.
- quando favorisce, con la testimonianza, l’annuncio evangelico.
- quando promuove un’azione per la cura degli ultimi capace di coinvolgere altre persone nel servizio.
- quando nel proprio operare tiene al centro la persona aiutandola a recuperare la riscoperta di Dio.
- quando vive nella concretezza l’unità e la comunione.
È ormai già ampiamente sperimentato che un’opera segno diventa un vero e proprio “seme fecondo della Carità” disponibile e utile per i volontari e per le persone esterne che, contagiate dall’esperienza di prossimità, potranno avvicinare i poveri con maggior comprensione e com-passione.