Da sempre l’attenzione amorosa della Chiesa ha un particolare riguardo per i poveri. Tornano alla mente figure evangeliche come “il buon samaritano” (Lc 10-25) o altri innumerevoli riferimenti biblici come ”Beati voi poveri perchè vostro è il regno dei cieli”.(Lc 6,20-23) e ancora, solo per citarne alcuni: “Gesù gli disse. Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli, poi vieni e seguimi”. (Lc 18,18-23) . Questi esempi ci dicono chiaramente e senza alcun equivoco quanto Gesù Cristo ha insegnato e praticato a favore dei più deboli.
La storia ci dice che grandi personalità cristiane contribuirono per l’assistenza ai malati,a creare istituzioni benefiche o case di accoglienza per i vagabondi, fino ai più recenti San Camillo De Lellis e San Vincenzo De Paoli (siamo intorno al 1600) per arrivare fino all’eroe della Carità San Giuseppe Cottolengo (siamo agli albori del 1800) che tutti lasciarono un’impronta per il loro operato e hanno intessuto di Carità le loro esistenze e quelle di coloro che hanno condiviso i loro principi.
All’epoca le persone bisognose erano viste soprattutto come esseri umani da aiutare, in modo priorirario, nelle loro necessità primarie come l’esistenza in vita, la salute, l’alimentazione, l’ospitatlità, lasciando in secondo ordine gli aspetti di liberazione dalle cause che avevano generato quelle loro fragilità.
In tempi più vicini a noi i Pontefici hanno spiegato cosa significa amare i poveri; Paolo VI (ha voluto la Caritas), Benedeto XVI (encicliche Deus Caritas est; Caritas in veritate) e Papa Francesco,che nell’enciclica “Evangelii Gaudium” sottolinea che “la scelta dei poveri da parte della Chiesa ha il suo fondamento nella fede, e nessuno può fare a meno dei poveri perchè essi rappresentano l’agire di Dio e dello stesso Gesù Cristo, che da ricco che era si è fatto povero per arricchirci della sua povertà”
L‘affermazione che i Pontefici ripetono a tutti i credenti nei vari documenti è quella che per vivere il “comamdamento che Cristo ci ha lasciato, ogni cristiano deve impegnarsi offrendo all’uomo contemporaneo non solo aiuto materiale ma anche il ristoro e cura dell’anima” (Motu Proprio-Servizio e cura della Carità)
I cambiamenti, voluti anche dal Concilio, hanno comportato un diverso modo di considerare le persone in difficoltà, presupponendo un cambio di mentalità da parte di chi si occupava di accogliere la persona, cioè un diverso modo di considerare “il fratello” bisognoso di aiuto, non più come una pratica da evadere, un codice da completare, ossia come un “oggetto” della nostra azione caritativa, ma piuttosto come “soggetto” e quindi come “persona” che vive una situazione critica , nella quale potremmo trovarci anche noi (se le cose avessero preso un diverso risvolto) e quindi in grado di collaborare a un progetto che la riguarda, che richiede decisioni e impegni precisi.
Il primo che deve aiutarsi è lo stesso povero e quindi dobbiamo capire quali sono i suoi bisogni ma anche le risorse che può mettere in campo.
L’occasione per studiare insieme un possibile progetto che abbia come obiettivo l’aiuto per una situazione di emergenza è proprio il momento dell’ASCOLTO-
Diversi sono i modi i tempi i luoghi le occasioni per condurre un ascolto.
Attualmente la Caritas Italiana prevede diversi tipi di organizzazioni :
- Centri d’Ascolto Diocesani
- Centri d’Ascolto Interparrocchiali (o Unità Pastorali)
- Gruppi o Punti d’Ascolto Parrocchiali (Caritas o San Vincenzo),
I Centri d’Ascolto Diocesani o Interparrochiali sono caratterizzati da una struttura organizzativa con linee di responsabilità ben definite, con un buon numero di volontari , strutture e dotazioni tecniche che permettono la gestione dei servizi e delle persone accolte in modo puntuale e continuativo. Sono nati, in genere tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta. Hanno forme molto diverse sia riguardo alle risorse umane coinvolte come volontari , sia relativamente ai servizi offerti e alle modalità opertive. L’inizio è stato con la presenza di soli volontari ai quali, negli anni, si sono affiancati anche operatori professionali. Esempi classici nella zona torinese sono il C.d.A Diocesano “Le due tuniche” – Il C.d.A del Cottolengo – …….
I Gruppi (o Punti) d’Ascolto hanno le stesse funzioni dei precedenti, ma con meno formalizzazioni, minor numero di volontari e ridotte specializzazioni, e risultano più adatti per un contenuto numero di persone da accogliere e problematiche specialistiche da trattare. Esempi Centro Ascolto S.ta Rita – Centro Ascolto Soc. San Vincenzo – Centro Ascolto Gesù Adolescente (Salesiani) ecc.
Dato ormai per acquisito il concetto che il Centro/Gruppo/Servizio d’ascolto sia una espressione della Caritas Italiana/Diocesana/Parrocchiale per ascoltare coloro che si trovano in stuazioni di difficoltà, è utile riconoscere che una pluralità di strumenti operativi sono stati attivati nel lavoro delle diverse Caritas ma anche in altre associazioni quali Cooperative di Solidarietà e Centri di Accoglienza. Uno dei criteri di progettazione, conduzione e verifica di queste molteplici risposte è la capacità di porsi, nei confronti dei poveri, un atteggiamento accogliente in cui ciascuno si senta trattato come persona capace di dare e non solo di ricevere.
AZIONI DEGLI OPERATORI DELL’ASCOLTO
Le azioni che gli operatori dell’ascolto devono svolgere sono, per riassumere in forma sintetica: Accogliere, Ascoltare, Orientare, Acompagnare e fornire una prima risposta alle emergenze. Sviluppiamo ora, con un minimo di dettaglio, ognuna di queste azoni.
ACCOGLIERE : Ogni persona che si presenta deve sentirsi accolta, deve sentirsi persona, con la sua dignità, di donna o di uomo. Importante è quindi il luogo ove avviene l’ascolto. La stanza dedicata deve essere semplice ma confortevole, possibilmente senza frapporre scrivanie o altro tra chi ascolta e chi è ascoltato. Al di là degli spazi minimi indispensabili i volontari dell’ascolto devono far percepire alla persona che si rivolge a loro, disponibilità di tempo e attenzione.
ASCOLTARE : L’ascolto è la prima forma di aiuto. Chi si rivolge per essere ascoltato non è una pratica da evadere, ma una persona che oltre ad essere portatore di bisogni è un essere umano con una sua dignità. L’ascolto, se è profondo, permette di capire anche i bisogni non esplicitati, quelli che non si vogliono dire ma si lasciano sottintendere.
Ci sono poi bisogni che la persona non dichiara perchè non sono da lei percepiti come tali. Oltre a far comprendere in modo più completo quali sono i bisogni delle persone, l’ascolto ha anche una funzione liberatoria perchè una persona che vive il disagio sociale porta con se il peso di fallimenti e paure. Dopo averli comunicati e condivisi si sentirà sollevato dai suoi problemi.
ORIENTARE : Chi si trova in difficoltà, molto spesso, non riesce ad essere consapevole dei propri bisogni e discernere quali siano i più importanti o i più urgenti. Compito dei volontari dell’ascolto è quello di aiutare a rileggere il bisogno espresso, nell’ottica delle risorse disponibili sul territorio e sulle modalità di accesso. Inoltre chi vive in povertà molto spesso è anche escluso dalla rete sociale formale (servizi assistenziali, aiuti comunali, soggetti benefici privati) e da quella informale (famiglie, parenti, conoscenti, amici) su cui fare qualche affidamento. Quindi l’ascolto svolge anche un ruolo di informazione su come la persona in esclusione sociale possa creare una rete su cui appoggiarsi.
ACCOMPAGNARE: In prima istanza significa attivare tutte le risorse disponibili per promuovere le persone in difficoltà liberandole dalle cause che hanno generato il bisogno. Le prime risorse da attivare sono quelle di cui è portatrice la persona stessa. La persona in disagio sociale, in molti casi, a causa di fallimenti, penalizzazioni, ingiustizie, ingenuità, che la vita le ha riservato, ritiene di non essere abile a rialzarsi dalla situazione di disagio in cui vive. Accanto ai talenti della persona i volontari dell’ascolto si attiveranno per individuare le risorse, private o pubbliche, presenti sul territorio. (es. lavori socialmente utili)
Accompagnare significa, oltre a verificare l’esistenza di risorse disponibili, anche verificare se la persona sia realmente in grado di fare i passi richiesti oppure li abbia realmente già posti in essere. Nel caso di problemi specifici da approfondire e che riguardino sia temi previdenziali, legali, bancari oppure conoscenze professionali o qualifiche lavorative è possibile ricorrere alla disponibilità del Centro d’Ascolto P. G. Frassati.
RISPOSTE IMMEDIATE ALLE EMERGENZEE: Il servizio d’ascolto, d’intesa con la Caritas Parrocchiale, offre anche una prima risposta nei casi di emergenza cercando di attivare le risorse della comunità. Si tratta, ad esempio, della fornitura di generi alimentari o di sussidi economici per contribuire al pagamento di utenze o affitto abitazione in stato di morosità. Nel caso fosse necessario l’accesso ad altri servizi (es. Uff. Pio S.Paolo, Fondazione Operti, Paideia, ecc) è possibile richiedere il supporto del Centro d’Ascolto P.G. Frassati.
INDIRIZZI OPERATIVI
È indubbio che un servizio d’ascolto, a qualsiasi livello, presuppone tempo e risorse, principalmente risorse umane; e queste risorse dovranno essere preparate e con energie fisiche e mentali convenienti ai compiti da sostenere. Per far fronte a questa realtà, con una varietà imprevedibile di casi da affrontare, l’esperienza di altri numerosi Centri d’Ascolto suggerisce il confronto periodico e la condivisione tra volontari e responsabili dell’ascolto per uno scambio di informazioni, emozioni, idee volte a indicare l’opportuna modalità d’azione da mettere in campo per favorire il buon esito dei progetti in generale o di qualcuno in particolare.
In questi ultimi anni, quelli della crisi, si sono verificate situazioni di forte precarietà lavorativa con mancanza di prospettive di ripresa . Questo ha incrementato il numero di persone che si rivolgono alla Caritas (Parrocchiale, Diocesana) non con la richiesta di ricucire le proprie reti di relazioni, ma piuttosto situazioni con una pressante domanda di interventi economici atti a contenere la loro condizione di decadimento.
L’impostazione del servizio in queste situazioni ripetitive di pesante gravità non può essere definita a livello individuale, cioè dal volontario dell’ascolto, ma ogni decisione deve essere maturata in forma collegiale. Può succedere che la posizione finale sia in contrasto con quella maturata in “equipe” oppure in Parrocchia, ma questo va considerato come soluzione di maggior efficacia, definita con una visione più condivisa del caso emerso ascoltando la persona.
In molti casi la comprensione dei problemi vissuti dalle persone accolte risultano di difficile decifrazione a causa delle tortuose vicende in cui sono maturate. Qualcuno porta all’ascolto la rabbia verso le istituzioni, la società, verso il datore di lavoro o anche verso i parenti. Solo il fatto di trovare, nel luogo, una persona che ascolta quanto gli è successo già riesce a diminuire lo stato d’ansia e di frustrazione , ridona un filo di speranza e aiuta a recuperare dignità e quelle risorse interne che ogni persona ancora possiede.
Per i volontari di un servizio d’ascolto cristiano il valore del servizio si esprime attraverso riferimenti di natura spirituale e di tradizione religiosa. Il recupero della dignità umana allora si esprime in una visione cristiana dell’altro attraverso la comprensione, l’accoglienza delle differenze, la condivisione delle sofferenze e, più in generale, con atteggiamenti guidati dai dettami evangelici.
È importante approfondire la conoscenza delle persone, capire i percorsi effettuati, le fragilità incontrate, la storia vissuta, per arrivare , in ultimo, a capire il perchè ha chiesto di essere ascoltato.
È essenziale che i volontari dell’ascolto agiscano secondo un piano operativo che definisca chiaramente la natura del servizio, il tipo di lavoro, le presenze e i comportamenti, le informazioni sui casi più complessi, la possibilità e l’entità dei contributi economici da erogare. Uno dei punti da sviluppare in dettaglio riguarda l’approfondimento, la comprensione della complessità delle situazioni e l’attivazione di una rete di contrasto del disagio. (es. Ass. Sociale – Amm. Comunale – Uff. Pio S. Paolo – ecc). Detto piano operativo dovrà prevedere anche le attività da svolgere a carico dei volontari (es. pagamenti diretti in banca, in posta o altri) per dare una prima risposta ai casi di emergenza.
STRUTTURA ORGANIZZATIVA (Ipotesi di lavoro)
Senza la pretesa di precorrere i tempi o di essere esaustivi ma semplicemente per riassumere le logiche operative e le modalità di intervento dei volontari dell’ascolto tentiamo di ipotizzare una struttura operativa per la Caritas di S.ta Chiara
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Proviamo ora a svluppare, a livello operativo locale, quali sono gli elementi che costituiscono punto di riferimento per avviare le attività di ascolto nella prospettiva di uniformare i criteri di intervento e creare uno stile operativo condiviso.
Anche se qualche concetto è già stato sviluppato è comunque necessario, visto che assumiamo come ipotesi la struttura organizzativa, ribadire alcuni punti fondamentali sui quali dobbiamo trovare l’accordo o l’intesa e cioè :
- Cos’è l’ascolto dei poveri
Questo tipo di ascolto è stato già presentato ma è utile ribadirlo, va inteso come dimensione fondante della comunità cristiana. Questo imperativo morale riveste radici bibliche e si fonda sulla tradizione della Chiesa.
- Caratteristiche dell’ascolto
I documenti della Caritas Italiana ritengono che non si possa porre in essere un percorso di aiuto volto a perseguire l’autonomia della persona senza un ascolto approfondito finalizzato a comprendere i bisogni, anche quelli non dichiarati, oppure la pesona non percepisce come tali.
L’ascolto è la “tessitura” di relazioni di aiuto che mira a rimuovere le cause che hanno prodotto lo stato di povertà.
- Ipotesi organizzativa: il Referente
Accanto alla figura dei volontari dediti all’ascolto deve essere presente un’altra figura con funzioni di coordinamento e di responsabile del gruppo volontari dell’ascolto.
Questa persona, oltre ad essere chiamata in causa nelle decisioni riguardanti i casi più complessi, coordina i volontari, si confronta con loro, garantisce la continuità di presenze all’ascolto, si occupa degli aspetti formativi continui, pianifica e organizza le riunioni periodiche.
- La figura del volontario dell’ascolto
Parecchi documenti della Caritas Italiana evidenziano che “per essere dei buoni operatori dell’ascolto bisogna essere formati”. Questa indicazione
ha lo scopo di sottolineare il carattere di complessità dell’essere in ascolto di persone che vivono uno stato di disagio. È quindi indispensabile un’esperienza di formazione continua, con una proposta che comprenda sia gli aspetti tecnici, sia socio-economici e culturali, ma anche quelli di impronta prettamente spirituale.
Al fine di radicare in tutti i volontari dell’ascolto l’importanza della formazione ed averne una visione condivisa l’unica strada percorribbile è la continua rielaborazione in gruppo, dei casi trattati o in discussione, per rileggere insieme le situazioni, le emozioni, i sentimenti provati dai volontari nel sevizio.
Compito della formazione permanente è anche quello di contribuire al superamento dell’impatto emozionale (stress) che la relazione di aiuto può causare nel volontario.
- Accedere al Servizio d’Ascolto
Le soluzioni da adottare dovranno tenere conto di :
- Numero delle richieste e casi da trattare
- Volontari dell’ascolto disponibili
- Orari di distribuzione “Borse alimentari”
Le ipotesi possibili possono essere:
# L’Ascolto e la distribuzione possono avvenire negli stessi giorni in luoghi diversi e con volontari diversi
# L’Ascolto avviene in giorni diversi dalla distribuzione con volontari dell’ascolto che operano nello stesso luogo della
# tutti gli ascolti sono effettuati su appuntamenti
Questa decisione è molto importante perchè va a incidere sul tempo dedicato all’ascolto. Vale, comunque, il numero degli utenti da ascoltare perchè più si alza questo numero, più si riduce il tempo da dedicare alle persone che attendono in coda. Il risultato è che si rischia di fare colloqui troppo brevi per essere incisivi.
- Tipi di ascolto e tempi dedicati
L’ascolto cristiano si caratterizza, o dovrebbe caratterizzarsi, in modo diverso rispetto a quello dagli assistenti sociali o da agenzie benefiche e dovrebbe rappresentare l’andare incontro alle persone povere. Il rapporto creato in un momento di ascolto umano fa parte dell’approccio caritativo e non è misurabile con un tempo prefissato. Partendo da questo presupposto occorre tener presente alcuni fattori determinanti :
- diverse sono le tipologie di ascolto
- diverse sono le impostazioni organizzative in relazione alle persone da incontrare e al numero di volontari disponibili
Per riassumere le tipologie di ascolto possiamo differenziare almeno tre diverse concezioni di ascolto:
f1)ASCOLTO APPROFONDITO , con colloquio strutturato, orientamento sulle azioni e condivisione di un progetto teso a cambiare sostazialmente la persona e le sue condizioni . In molti casi i bisogni espressi sono solamente i più urgenti (mi tolgono la luce) o quelli percepiti come i più importanti (devo pagare l’iscrizione a scuola di mio figlio), mentre le cause che hanno generato le difficoltà sono omesse.
A volte la condizione di disagio materiale presentata fa emergere la complessità della situazione che la persona vive, non sempre circoscrivibile ai soli problemi di natura economica. Infatti l’importanza di un buon ascolto vale soprattutto nei casi relativi ai disturbi della sfera psicologica (ansia, paura, panico per un impegno da rispettare) o situazioni compromesse nei rapporti familiari.
Al volontario spetta il compito di partire dai bisogni espressi per cercare di andare oltre invitando la persona ad aprirsi ulteriormente acccompagnandola a comprendere le problematiche sulle quali è necessario lavorare insieme.
f2)ASCOLTO RELAZIONALE , questo tipo di ascolto si scosta da una visione puramente assistenziale ad una funzione promozionale ponendo come priorità le condizioni dell’animo umano e non la persona vista come la somma delle problematiche economiche. In questa dimensione l’ascolto assume una valenza di soddisfacimento di bisogni che vanno oltre le questioni materiali (bollette, pacco alimentari, ecc.) ma si indirizzano verso quesiti esistenziali che portano disagi a rischio esclusione sociale.
I casi che si presentano sono i più disparati, non sempre semplici da comprendere, e per far capire la nostra attenzione e interesse a quanto la persona dice, è bene riformulare totalmente il problema per confermare l’esattezza di quanto emerso dal colloquio.
Alcuni esempi di questa tipologia di ascolto: richiesta di accedere a servizi pubblici, domande per ottenere documenti specifici (ISEE – SIA)
modalità per ottenere sconti sulle tariffe (luce – gas – Tari), richieste di accompagnamento e trasporto a strutture sanitarie, la disperata ricerca di un lavoro, oppure una modulistica da compilare, documenti ricevuti ma incomprensibili da interpretare fino ad arrivare ai problemi legati alla solitudine e agli anziani abbandonati dagli stessi famigliari.
f3) ASCOLTO MATERIALE , come è possibile riscontrare nelle Caritas parrocchiali, le persone che richiedono l’ascolto, in genere,tendono a far emergere carenze dal punto di vista dei bisogni primari (affitto, luce, gas, riscaldamento, ecc.) o problematiche economiche e tendono ad avere l’aspettativa che la Caritas possa rispondere a questi bisogni emergenti. Quì le posizioni per una risposta possono essere diverse e cioè : la Caritas parrocchiale è in grado di rispodere adeguatamente a queste richieste oppure la Caritas tratta collegialmente (gruppo ascolto) ogni richiesta e propone un progetto di supporto economico coinvolgendo, in primis la comunità, ma anche gli enti del territorio (CISAP, Uff. Pio, Amministrazioni comunali, Enti Recupero Crediti, ecc) creando una “cordata” di aiuti in grado di far fronte al disagio.
Altri aiuti di tipo materiale possono riguardare il pagamento di bollette di entità minima a cui far contribuire anche la persona richiedente oppure la richiesta di erogazione del pacco alimentare settimanale. Le persone che si presentano con queste necessità non si lasciano indagare e non sono molto disponibili per un ascolto che permetta relazioni più approfondite esponendo situazioni che non intendono far conoscere publicamente. Sinteticamente loro affermano che sono venuti per avere un aiuto concreto e non fare chiacchiere.
f4) MA ALLORA È GIUSTO ASCOLTARE ?
Noi, cristiani e credenti ascoltiamo perchè……………..:
- il nostro scopo non è mirato solo a superare i bisogni presentati ma è promozionale, mira al cambiamento sostanziale della persona e delle sue condizioni.
- ci sforziamo di leggere e contrastare le cause sociali che hanno originato situazioni di disagio.
- la nostra disponibilità al servizio e al rapporto con le persone che chiedono di essere ascoltate, intende creare una relazione che consenta reciproca fiducia e svolga una azione di misurato equilibrio verso il peso dato agli eventi spiazzanti o alle relazioni critiche o già interrotte.
- sensibilizzare la comunità cristiana e le istituzioni pubbliche alla partecipazione, o creazione, di nuovi progetti rispondenti agli attuali bisogni emersi in occasione degli incontri d’ascolto.
- Alcuni approfondimenti sull’attività di ascolto
g1) LAVORARE ISIEME (Gruppo d’ascolto)
La qualità dell’ascolto migliora progressivamente se si accetta (o si impara) a confrontarsi e condividere in gruppo esperienze tra volontari, scambiarsi idee volte ad indicare l’opportuna modalità di azione da mettere in campo (es. coinvolgimento risorse del territorio), condividere gli obiettivi per favorire, in termini di efficacia, il buon esito del progetto discusso nell’ascolto.
Detti incontri di gruppo, cadenzati e periodici, devono prevedere momenti di riflessione sulle situazioni ascoltate, senza condizionamenti e pressioni dovuti alle persone che attendono in coda oppure al rispetto di scadenze ravvicinate. È buona prassi, se ritenuta valida, la presenza anche di specialisti o operatori qualificati (e. delegati Uff. Pio, esperti previdenziali, legali, bancari, ecc.) per affrontare gli interrogativi di qualche caso particolare ma anche come formazione su aggiornamenti legislativi.
Il concetto di lavorare insieme permette ai volontari dedicati all’ascolto un cammino omogeneo di formazione. Non è sufficiente la buona volontà e nemmeno l’esperienza professionale per sentirsi adeguati al ruolo, in quanto l’ascolto e la relazione d’aiuto sono servizi complessi che richiedono l’acquisizione di competenze, conoscenze, tecniche che via-via si rendono necessarie.
g1) LAVORARE IN COPPIA (Affiancamento)
Generalmente in un gruppo di volontari (ascolto – distribuzione –altri ambiti) esistono quelli con maggior esperienza, data la lunga militanza in Caritas, e quelli giunti da poco tempo e formati per affiancamento dai precedenti. Anche per il servizio d’ascolto esistono volontari più introdotti perchè da più tempo praticano questo compito e altri che invece hanno ricevuto una formazione attraverso semplici affiancamenti ai volontari con maggior esperienze nella speranza che questa scelta potesse essere sufficiente a comprendere la natura del complesso servizio di ascolto. È essenziale che in questi casi entrambi i volontari operino in sintonia con lo spirito Caritas, che è quello di non privilegiare le soluzioni di intervento materiale a scapito delle progettualità e gradualità delle azioni verso una strada di fuoriuscita dal disagio presentato.
In riferimento a poter eseguire colloqui con due volontari dell’ascolto, e questa modalità è auspicabile perchè significa che, mentre una persona ascolta l’alltra può prendere nota (o compilare la scheda) memorizzando alcune informazioni. Essere in due consente anche di avere un confronto rispetto alle possibili risposte e condividere la responsabilità delle scelte.
Questa possibilità di operare in due deve essere compatibile con il numero di volontari e anche trovare la loro disponibilità/consenso verso questa possibilità.
- Situazioni particolari di ascolto
Il PRIMO ASCOLTO : Il primo colloquio con una persona che chiede ascolto (va verificato se è già stato in altre parrocchie o Centri d’Ascolto) è importantissimo, anzi in assoluto è il più importante, perchè riveste una funzione di aggancio, anche se viene utilizzato come invito, stimolo, affichè la persona torni un’altra volta,così da poter creare una relazione di aiuto.
Il primo ascolto rappresenta il momento in cui si cerca di conoscere la persona e il tempo dedicato risulta abbastanza corposo. Bisogna porre attenzione ai due aspetti che il primo ascolto può assumere:
# il primo, vissuto in modo profondo per conoscere la persona, la sua famiglia, le motivazioni che l’hanno portato a chiedere aiuto, ecc.
# il secondo, vissuto invece come momento più burocratico, durante il quale si provvede a compilare la scheda individuale ove si raccolgono i dati anagrafici, di residenza, di composizione famigliare, di occupazione, di reddito, di eventuali morosità, ecc.
La raccomandazione è di evitare il rischio che questo primo incontro possa apparire “pesante e burocratico” . Molto dipende dall’uso della scheda che, come regola, non va compilata tutta e subito, ma soltanto per le informazioni utili per un aggancio della persona. Altro fattore determinante è il modo in cui si pongono le domande che non devono essere di stile interrogatorio. Ciò che non si conosce al momento si rimanda all’incontro successivo. Il risultato corretto è quello di un colloquio aperto e libero, relazionale e non inquadrato e burocratico.
CONTINUE RICHIESTE ECONOMICHE : riguardano, generalmente il pagamento di affitti arretrati, riscaldamento, utenze in genere e si tratta di richieste spesso urgenti e pressanti che determinano un scivolamento del colloquio verso quello che abbiamo in precedenza individuato come “ascolto materiale”, perchè finalizzato a comprendere questo particolare tipo di problematiche che richiedono risposte che vanno dalla richiesta economica al pacco alimentare.
L’ascolto approfondito arriva solo in seguito (se arriva) quando cioè le persone
si sono tranquillizzate rispetto alle esigenze ritenute più importanti o più urgenti.
Rispetto alle varie richieste di interventi economici (vale però anche per il pacco alimentare) è utile rilevare le informazioni sul quadro economico di chi chiede aiuto. Bisogna, come primo approccio, se la richiesta è motivata da una situazione di emergenza e occasionale, oppure se il caso è ripetitivo. Nel primo caso, se l’importo è contenuto, può esserci un intervento diretto del volontario che effetua
l’ascolto che farà in modo di garantire il dovuto pagamento con i fondi caritas. Importi, più onerosi o richieste troppo frequenti, le situazioni vanno decise in gruppo in modo da garantire sia una strada percorribile, per dare delle risposte efficaci con interventi delle reti di sostegno (Ass. Sociale, Uff.Pio, Amministrazioni, Caritas Diocesana, Fondazione Operti, Centro P.G. Frassati, ecc) sia esplorando quale ruolo possa avere la Caritas Parrocchiale con coinvolgimento della comunità.
Sono numerosi i casi difficili da affrontare! La perdita del lavoro , le discordie famigliari, la totale mancanza di redditi o con reddito insufficiente, possono influire nella creazione del disagio economico ma possono creare anche diverse prospettive di recupero.
Alcune persone tendono a peggiorare le loro condizioni per approfittare degli aiuti concessi. In questi casi occorre “smascherare” le piccole bugie raccontate per affermare e spiegare che la “relazione d’aiuto” deve basarsi sulla fiducia reciproca. “Dare a chi ha più bisogno” rappresenta inoltre un dovere nella gestione delle risorse raccolte dalla comuntà e destinate ai poveri.
MAI SOLDI AGLI ASSISTITI : un principio base che deve essere applicato da tutti è quello di non dare mai soldi in mano alle persone che ci interpellano anche se dichiarano scopi particolari (alimenti per l’infanzia, farmaci urgenti, anziani sofferenti, ecc.) o altre situazioni che fanno commuovere.
Una possibilità di soluzione è quella di farsi carico direttamente degli acquisti o pagamenti in scadenza, cioè il volontario provvede alle azioni di pagamento del caso, naturalmente con fondi Caritas e nei limiti concordati per l’elargizione.
Se invece la persona è ben connosciuta e affidabile, il volontario può consegnare l’importo in denaro e richiedere il ritorno di scontrino/bolletta/ricevuta che comprova l’avvenuto pagamento.
NON CI SONO PIÙ SOLDI : succede in modo ricorrente che la cassa Caritas abbia esaurito ogni risorsa economica disponibile. È comunque per un servizio di ascolto che le persone in necessità siano accolte e ascoltate per condividere con ciascuno i problemi che condizionano la loro vita. Se non ci sono più soldi è difficile accontentare le richieste, ma dobbiamo insieme a loro, esplorare ogni possibilità e cioè : catena famigliare, Parrocchia, Assistenza Pubblica (CISAP), Comune, Associazioni private,ecc., in modo da evidenziare che facciamo ogni tentativo per sollevarli dal loro disagio.
SAPER DIRE DI “NO !” : il “NO” è un limite nel servizio di ascolto e rappresenta uno degli scogli importanti perchè non è facile rispondere in modo negativo alle richieste di aiuto.
Secondo alcune scuole di psicologia occorre che i volontari seguano corsi specifici per apprendere alcune tecniche per come saper dire di NO!.
Altre scuole ed esperienze caritative affermano invece che il NO rappresenta un gesto di chiusura, significa chiudere una porta mentre una buona alternativa potrebbe essere quella di un SI! condizionato da un tipo di percorso che, ad esempio, coinvolga la rete, formale ed informale, del territorio.
In queste situazioni è fondamentale far capire alle persone che ci preoccupiamo per loro, a prescindere dagli aiuti materiali, che possiamo erogare oppure no. Le persone devono sentirsi riconosciute nelle loro richieste ma devono accettare i limiti delle nostre possibilità, cioè : “noi possiamo aiutarvi fino a questo punto, oltre non ci è possibile andare “.
PERSONE SENZA FISSA DIMORA (S.F.D.) : è ricorrente il caso di persone senza fissa dimora (S.F.D.) che passano in parrocchia a fare diversi tipi di richieste a volte anche incomprensibili. Queste persone hanno perduto nel corso del tempo i legami sociali e si trovano, al momento, in precarie condizioni materiali di esistenza e hanno lasciato ogni uso di abitazione. Fatti di vario tipo hanno contraddistinto la loro vita, dalla separazione coniugale, alla morte di un figlio, dal vizio del gioco a quello dell’alcool e della droga, da drammi con la giustizia alla perdita del lavoro. Piccoli e grandi drammi che hanno contribuito, passo dopo passo, a far intraprendere una spirale senza fine, una carriera da “barboni” che comincia con la perdita dei legami familiari, poi quelli amicali e infine lo trovi a dormire su una panchina o su un cartone e in fila a qualche mensa per rimediare un piatto caldo. La perdita di una rete di sostegno familiare e sociale porta il soggetto svantaggiato a diventare persona “senza fissa dimora”.
Le persone di questo tipo sono quelle che si presentano nelle parrocchie e sono soggetti fragili, deboli psichicamente, anziani abandonati, giovani disadattati, alcolisti depressi, immigrati in difficoltà. Questi individui, anche se si spostano da un comune ad un altro, da una parrocchia ad un’altra, hanno il diritto di reintegrarsi e iscriversi all’ufficio anagrafe di un qualsiasi comune, sotto un indirizzo fittizio in modo da poter difendere i proprii diritti sociali e civili come ad esempio l’assistenza sanitaria nazionale, iscrizione alle liste di collocamento, aprire una partita IVA, esercitare il diritto di voto e più in generale godere dei diritti dei cittadini.
Ottenere la residenza è il primo passo nella tutela di queste persone. Senza residenza lo Stato italiano non riconosce alcun tipo di diritto, a cominciare dal più necessario, quello della tutela legale. Anche chi ha lavorato per più di 40 anni se oggi è S.F.D. perde ogni diritto a qualsiasi tipo di prestazione previdenziale.
Per ottenere la residenza occorre avere la carta d’identità. La richiesta di iscrizione anagrafica (è un diritto del cittadino) si ottiene in comune indicando un domicilio (fittizio o reale) che può essere un dormitorio, una mensa, un ufficio postale o un ufficio comunale.
Occorre distinguere tra chi è senza abitazione ma ha una residenza fittizia riconosciuta dal Comune, che indica Via Casa Comunale, n° 1., e chi invece
è senza abitazione e nessuno lo sa perchè risulta ancora nella residenza precedente da dove è stato sfrattato o espulso.
Non bisogna dimenticare inoltre, che l’assistenza/accompagnamento di cui un S.F.D. potrebbe aver bisogno riguarda anche il campo penale. Spesso infatti, questi soggetti vengono denunciati per la commissione di alcuni reati legati alla quotidianità propria dei S.F.D., e ad altri motivi di pura sopravvivenza.
Cosa molto assurda, nella maggior parte dei casi, proprio a queste persone che più di ogni altro vivono nella miseria e nella povertà, non viene data la possibilità di beneficiare del patrocinio a spese dello Stato, per sopperire alle spese legali. Anche in questo caso sono i privati che sopperiscono alle carenze dello Stato, addirittura difendendo gratuitamente questi soggetti in giudizo nel caso in cui debbano sostenere un processo. È questo il caso della Associazione “AVVOCATI DI STRADA” che opera anche a Torino e offre tutela giudiziaria gratuita ai non abbienti senza-dimora.
In caso di necessità rivolgersi al Centro P.G. Frassati per le informazioni più dettagliate. È bene quindi, in occasione del primo incontro con persona S.F.D. , porre alcune domande al fine di conoscere la reale situazione (sotto tutti gli aspetti) delle varie persone che si presentano :
> chi l’ha indirizzata da noi ?
> ha un documento d’identità ? (notare la data di scadenza)
> dove va per i pasti e per dormire ?
> cosa possiamo fare per lui/lei ?
> è utile fare la scheda individuale
Sul documento d’identità nella voce residenza deve essere indicata la “via” che generalmente è Collegno o Grugliasco oppure Torino o altro. Questo sta a significare che la persona è conosciuta ed in regola con la documentazione. Se il documento è scaduto occorre sollecitarlo per provvedere al rinnovo.
Per dare un aiuto possiamo informarci se ha necessità di alimenti o vestiario e si possono consegnare le derrate disponibili. Non dare soldi e nel caso mandarlo al Cenro P.G.Frassati per le necessità del caso.
Altro aspetto di grande importanza è quello dell’ASSISTENZA SANITARIA. In questi ultimi tempi sono sorti a Torino due ambulatori medici che si richiamano come pro-memoria :
Ambulatorio Medico pressso il Centro Balsamo di Filomena
in Via Cappel Verde n°6 al 1° piano: riceve ogni mercoledì mattina (9,00-11,00) persone bisognose e/o senza fissa dimora e/o in stato di fragilità, per medicazioni e consigli per accedere ai servizi sanitari.
Ospedale e Gabinetto Dentistico Collolengo in Via Cottolengo 22-Torino: per cure dentistiche, rimozione e cura dei denti- riparazione dentiere, per cittadini stranieri. Presentarsi con impegnativa del medico.
Per certi lavori è richiesto un parziale contributo
ELEMENTI PERTURBATIVI : l’ascolto può anche avere degli elementi perturbativi.
In genere sono legati a situazioni scomode che mettono in discussione i valori in cui crediamo, come nel caso dell’utilizzo da parte delle persone accolte, di mezzi ingannatori per il raggiungimento di propri fini. In questi casi si tenta di non inquinare l’ascolto invitando la persona ad essere più autentica e credibile. Se opportuno sarebbe utile un momento di riflessione in gruppo poichè questi fenomeni possono essere rivelatori di instabilità che richiedono di essere riequilibrate.
A volte i volontari possono essere “spiazzati” perchè nell’ascolto si raggiungono tali livelli di confideza per cui le cose che si raccontano sono riservate e sono veramente intime. In questi casi il volontario può anche essere impressionato nel raccogliere determinati sfoghi.Questo livello di confidenza è il presupposto di un notevole livello di fiducia creatosi nella relazione tra assistito e volontario che va ben oltre la richiesta di aiuti materiali.
L’opposto di questa situazione è invece quando il volontario riscontra nell’altra parte un inspiegabile ermetismo, le informazioni date con il contagocce, la reticenza su alcuni fatti rendono il colloquio poco efficace e difficilmente può nascere una buona relazione tra ascoltatore e ascoltato.
Altra richiesta può essere quella che le persone richiedano il medesimo volontario che li ha precedentemente ascoltati. Questo è significativo perchè, se da un lato può creare una rischiosa personalizzazione del servizio, dall’altro rincuora sul legame utente- volontario. La stessa realtà vista però da un’angolo diverso (scuola Caritas) è quella che tenderebbe a favorire un avvicendamento dei volontari all’interno della stessa relazione d’aiuto con l’obiettivo di poter avere sempre punti di vista differenti sulle problematiche delle persone e avere una miglior valutazione dei percorsi d’aiuto individuati.
Una strada che risulta essere una via di mezzo va nella direzione di scegliere il volontario in base alle competenze specifiche necessarie in quel momento.
Un discorso appropriato meritano le situazioni con rimarcate tensioni. Alcune di queste, quelle più trattabili, possono essere affrontate usando il buon senso, generato anche dall’esperienza maturata nel servizio d’ascolto. Altre situazioni più pesanti richiedono una consulenza di supervisione (specialisti diocesani, forze dell’ordine, pause di riflessione, analisi in gruppo,ecc.) per arrivare a decidere, insieme all’interessato, i problemi esistenziali dal forte impatto emotivo oltre che quelli materiali.
È raccomandabile per questi casi, ma anche in termini più generali, di fare l’ascolto individualmente, anche se due persone sono venute insieme. Questo, “in primis”, per dare più spazio e libertà ai singoli ma anche per non lasciarsi schiacciare dalla pesantezza dei colloqui.